English text
Testo Italiano
What does the range and variety of Italian instrumental music from the first half of the 17th century express for you, and what in it makes you wish to return to this repertory again and again?
La musica italiana del XVII secolo, specie quella dei primi sessanta anni, rappresenta un caleidoscopio di colori ed emozioni, e sicuramente si tratta di quella musica che meglio di qualunque altra si possa propriamente definire “barocca”. Infatti, a partire dall’epoca di Corelli in poi, inizia in campo artistico una sorta di reazione culturale tendente a sostituire la asimmetria con la simmetria, le sorprese stravaganti con procedimenti compositivi più armonici e proporzionati. Per un interprete immergersi nel mondo del “vero” barocco è un viaggio fantastico che – se fatto fino in fondo – richiede di attingere a tutte le parti più creative del proprio bagaglio artistico.
Italian music of the XVII century, especially the music written in the early sixties, represents a kaleidoscope of colours and emotions, and for sure is what we can actually define “baroque”. In the arts in fact, starting in Corelli’s age, a sort of cultural reaction tends to replace asymmetry with symmetry, extravagant surprises with more harmonic and proportioned compositional procedures. For a performer immersing himself into the “real” baroque world is an extraordinary journey that – if made all the way through – demands him to glean from all the most creative parts of his artistic experience.
How close was instrumental music to vocal music of this time in Italy? Were there shared poetic values?
La vita giornaliera di ogni strumentista del XVII secolo era strettamente connessa alla pratica della musica vocale, e specialmente per un violinista, che continuamente si trovava ad accompagnare i cantanti sia in chiesa (cantate sacre, vespri, oratori, messe, mottetti ecc…) che in camera, in teatro o all’aperto (cantate profane, serenate, opere). Bisogna ricordare che in tutte le fonti trattatistiche al violino veniva sempre richiesto di imitare la voce umana, e colui che meglio sapeva farlo era stimato per il migliore violinista. Ciò si rifletteva naturalmente nella scrittura strumentale, che già dalla fine del ‘500 cominciò ad emanciparsi da quella vocale con passaggi puramente idiomatici, ma il fondo dello stile rimase – soprattutto in Italia – di fatto assai legato alla cifra del linguaggio vocale. Questo è un aspetto che molti esecutori di oggi ignorano completamente, prendendo in esame il repertorio strumentale isolandolo dal suo contesto originale, dimenticando ad esempio che una sonata a solo veniva per lo più eseguita in un vespro, dunque in chiesa e con l’organo.
The daily life of every XVII century instrumentalist was strictly connected to the vocal music practice, especially for a violin player, who always had to accompany singers both in church (sacred cantatas, vespers, oratorios, masses, motets, etc…) and in chamber, theatre or in open-air spaces (cantatas, serenatas, operas). We should remember that in all the treatise sources the violin was asked to imitate human voice, and who was able to do it better was considered a better violinist. Of course this affected the instrumental music writing, that already since the end of the XVI century had started to move away from the vocal music with purely idiomatic passages, but, particularly in Italy, the style remained in fact very close to the vocal language. This is an aspect that many players now ignore completely, isolating the instrumental repertoire from its original context, forgetting for example that a solo sonata was mostly performed in a vesper, which means in church and with organ.
Accompanying the recording, you have included a long excerpt from Anton Giulio Brignole Sale’s Le instabilità del ingegno, which mentions the phrase “mille consigli”, from which the album takes its title. What does Sale’s work express for you and what does the idea of “mille consigli” conjure up in your mind and in your playing?
Il testo di Brignole-Sale potrebbe a buon conto essere considerato un “manifesto” dell’estetica barocca, per l’uso del linguaggio, della ricerca coloristica, della metafora e per gli improvvisi cambi di immagine, esattamente in corrispondenza con i contrasti che ammiriamo nella musica italiana del ‘600. I “Mille consigli” non sono solamente le mille possibili differenti ispirazioni dell’artista interprete, ma si traducono in musica con una serie di forme differenti fra loro: le “sonate” sono ancora composizioni rapsodiche un po’ sperimentali ed assai libere; in quelle “a solo” lo stylus fantasticus si esplica al meglio, aprendo vasti spazi all’immaginazione dell’esecutore, mentre nelle sonate a 2 e a 3 è la ricerca del dialogo contrappuntistico a condurre la scrittura. Gli antichi madrigali, le chansons ed i mottetti vengono rivisitati dall’improvvisazione dei virtuosi che con le loro “cover” vi aggiungono ornamentazioni virtuosistiche. I bassi “ostinati” costituiscono inoltre un altro banco di prova per divertirsi a stupire il pubblico variando ed improvvisando in mille modi diversi fra loro. E’ una sorpresa continua: l’ascoltatore non può mai sapere cosa lo aspetterà alla battuta seguente, e questo è lo spirito del vero “barocco”.
Brignole-Sale’s text could actually be considered a “manifesto” of the baroque aesthetics, for the use of the language, of the colour research, of the metaphor and the sudden image changes, exactly in correspondence with the contrasts that we admire in the Italian music of the XVII century. The “Mille consigli” are not only the thousands of possible inspirations of the artist performer, but achieve in music a series of different forms: the “sonatas” are still rhapsodic compositions a little experimental and very free; in the “a solo” ones the stylus fantasticus is carried out at best, letting large spaces to the performer’s imagination, while in the sonatas a 2 and a 3 the writing is led by the research of counterpoint dialogue. The ancient madrigals, the chansons and the motets are newly visited by the improvisation of the virtuosos that with their “covers” add skilful ornamentation. Also the “ostinato” bass lines represent another test bed to amuse oneself in surprising the audience varying and improvising in a thousand different ways. It is a continuous surprise: the listener can never know what will arrive in the next bar, and this is the real “baroque” spirit.
What made you decide to use the organ as a continuo instrument for this recording? How widespread was the use of the organ as a continuo instrument across the Italian peninsula?
L’organo, nel periodo da noi preso in considerazione, era lo strumento principe, considerato anche che la musica eseguita nelle chiese costituiva la gran parte del repertorio dell’epoca, e che gli organi venivano utilizzati anche nei palazzi privati dei nobili e nei teatri. L’uso di questi strumenti era capillarmente diffuso su tutto il territorio italiano, fin nei più piccoli paesi, come ancora oggi possiamo vedere andando in giro per la penisola. Purtroppo molti di questi pregevoli strumenti sono stati distrutti o gravemente danneggiati da guerre, terremoti ed incendi e non è tanto facile trovare organi che siano stati restaurati con criteri storici e riportati al loro antico splendore.
The organ, in the period we took into consideration, was the prince of the instruments, also considering that the music performed in churches was the most part of the repertoire at that age, and that the organs were also used in the private palaces of the nobles and in the theatres. The use of these instruments was widespread on the Italian territory, even in the smallest villages, as we can see nowadays touring around the peninsula. Unfortunately many of these instruments have been destroyed or seriously damaged by wars, earthquakes or fires and it is not easy to find organs that have been restored with historical criteria and brought back to their ancient splendour.
As a violinist how well do you feel that this music is served by the organ as a continuo instrument? How do the colours available on an Italian organ of the time match those of a violin?
In what ways have you had to adapt your interpretative and technical approach for playing with an organ?
Lo strumentista moderno in genere non è troppo avvezzo a suonare con un organo italiano del ‘600. Le leghe di metalli che venivano fabbricate in Italia nel XVI e XVII secolo danno un suono veramente impressionante per la sua bellezza ed i suoi diversi variegati colori. L’organo di questo tipo è uno strumento che veramente canta ed è l’ideale complemento delle voci umane, quindi in principio è perfetto per dialogare con un violino che debba imitare la voce umana. Il problema può nascere dal fatto che il registro di “Principale” ha un suono decisamente imponente: non ha nulla a che fare con quei piccoli organetti sfiatati che vengono di norma utilizzati oggigiorno dagli interpreti di musica barocca, anche da quelli “storicamente informati”. L’organo autentico ci conduce a delle sonorità assai diverse: il violinista deve dare fondo a tutta la sua cavata per poter competere con la sonorità dell’organo, anche se un organista avvertito ed esperto può variare la potenza ed i colori del suo basso continuo. Ma quello che ricaviamo da questo connubio è – soprattutto – un’altra lettura del repertorio, risultante dalle mutate condizioni. Infatti, sia a causa del diverso tipo di suono che a causa dell’acustica della chiesa, tutti i tempi devono essere rimessi in discussione: siamo troppo abituati a tempi standard che sono nati nelle moderne sale da concerto e dall’uso percussivo del clavicembalo (che pure anch’esso, nell’estetica italiana, dovrebbe essere uno strumento “cantante”). Ma se si rivedono i tempi bisogna anche ripensare il modo di portare le linee delle frasi, i contenuti dinamici ed espressivi, l’ornamentazione, a tutto vantaggio di quella ricca opulenza tipica del barocco, lasciando da parte quelle linee veloci, univoche e squadrate che sono tipiche dell’estetica moderna sia nel campo del design che in quello dell’esecuzione musicale.
The modern player is generally not very used to play with an Italian organ of the XVII century. The metal alloys that were made in Italy in the XVI and XVII centuries produce a very impressive sound for its beauty and its various colours. An organ of this type is a real singing instrument and is the ideal complement of human voices, so, in principle it is perfect to dialogue with a violin that should imitate human voice. A problem can come from the fact that the “Principale” register has a real imposing sound: nothing to do with those small organs that are normally used nowadays by baroque music players, even by those “historically informed”. The authentic organ leads us to quite different sonorities: the violinist should use his whole sound power in order to compete with the organ’s loudness, even if an aware and expert organ player can vary the power and the colours of his continuo playing. But what we also learn from this bond is – mainly – another interpretation of the repertoire, resulting from these different conditions. In fact, both because of the different type of sound and because of the acoustics of the church, all the tempos have been re-discussed: we are too used to standard tempos born in modern concert halls and to a percussive use of the harpsichord (which should also be a “singing” instrument, according to the Italian aesthetics). But reconsidering the tempos means also reconsider the way of playing the phrase lines, the dynamic and expressive contents, the ornamentation, all to the good of the richness typical of the baroque, leaving apart those fast lines, so that are so typical of the modern aesthetics both in the fields of design and musical performance.
Do you think that this combination of instruments opens up a very different perception of this kind of early 17th century Italian music? What decisions did you take about choosing the dulcian and theorbo as other accompanying instruments on the recording?
Mi sembrava importante presentare un ventaglio di suoni diversi fra loro per tipo di emissione: ciò serve a ben esprimere quella varietà di colori tipica di questo repertorio. La dulciana – in italiano del ‘600 “fagoto” – era uno strumento molto in uso nel XVII secolo. In quest’epoca spesso uno strumento a fiato veniva messo in dialogo con uno ad arco con risultati timbrici emozionanti. In alcuni importanti luoghi, come ad esempio Venezia, l’utilizzo degli strumenti a fiato era assai diffuso. La tiorba è uno strumento delicato e sensibile, ma che può assicurare un basso continuo pieno e trasparente al tempo stesso, ed è un ideale complemento dell’organo. Avendo entrambi gli strumenti si può contare su una scelta di diverse sonorità a seconda delle caratteristiche dei brani.
I thought it was important to show a range of sounds different in emission: this is useful to express the variety of colours typical of this repertoire. The dulcian – in XVII century Italian “fagoto” – was very often used at that time, when a wind instrument was put into dialogue with a string instrument with exciting timbre results. In some important places, such as Venice for example, the use of wind instruments was quite common. The theorbo is a delicate and sensitive instrument, which can also guarantee a full and meanwhile transparent continuo part and is an ideal complement of the organ. Having both instruments it is possible to choose various sonorities according to the character of the pieces.
Given the fact that Italian organs underwent little evolution until the 19th century, is there more music which responds to the combination of violin with organ continuo (or accompaniment)?
Credo che nel XVII secolo si sia proprio nel centro di questo repertorio, ma certo è sicuro che ogniqualvolta si sia suonata una sonata a violino solo in un vespro o in una funzione in chiesa anche nel corso del XVIII secolo si sia utilizzato l’organo per accompagnare. Sappiamo, ad esempio, che i concerti per violino di Tartini erano composti per le funzioni nella Basilica di S. Antonio a Padova, dove venivano dapprima utilizzati ben quattro organi costruiti da Pietro Nacchini, poi ridotti a due per non soverchiare il suono dell’orchestra: a tal proposito è molto interessante leggere il racconto della visita che Charles Burney effettuò in questa basilica, guidato dal maestro di cappella Vallotti, nel 1770.
I believe that in the XVII century we really are in the centre of this repertoire, but for sure every time a solo violin sonata was played in a vesper or in a church also during the XVIII century an organ was used to accompany it. We know, for example, that Tartini’s violin concertos have been written for the liturgy in S. Antony’s Basilica in Padua, where four organs made by Pietro Nacchini were first used, then reduced to two in order not to cover the orchestra: to this end it is very interesting to read the report of Charles Burney’s tour to the basilica in 1770, guided by the maestro di cappella Vallotti.