Testo della prefazione pubblicata nel 2007 nell'edizione in facsimile delle sonate di P.Nardini (Arnaldo Forni Editore)
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Pietro Nardini
Il violinista e compositore Pietro Nardini nacque a Livorno il 12 aprile 1722 e fin dalla più tenera età apparve dotato di grande talento musicale. Attivo in campo concertistico a partire dalla fanciullezza, compiuti gli studi musicali lo si incontra già in qualità di violinista di concertino (1741-1743) e di capo degl’instrumenti (1744) a Lucca.
Ma probabilmente fu nella natìa Livorno che Nardini esercitò maggiormente la propria professione di concertista e didatta nel periodo compreso fra il 1740 ed il 1760. In quell’anno egli si portò a Vienna per partecipare alle feste musicali in occasione delle nozze del principe ereditario. Dopo una breve visita a Dresda fece ritorno in Italia, ma già nell’ottobre del 1762 ricevette la nomina a musico di camera della corte di Stoccarda. Di quella orchestra, diretta dal celebre Jommelli e conosciuta in tutta Europa per l’abilità dei suoi strumentisti, Nardini divenne primo violino nel 1763, rimanendo in servizio fino al marzo 1765. In seguito ad un soggiorno a Brunswick ritornò nel 1766 a Livorno, da dove si mosse solo in occasione di importanti eventi concertistici. Nel 1769 fu nominato direttore della cappella granducale di Firenze, e da allora rimase impegnato nella vita musicale fiorentina al punto di rifiutare nel 1778 un invito a recarsi a San Pietroburgo. Si spense a Firenze il 7 maggio del 1793 all’età di 71 anni.
Il dott. Charles Burney così scrisse di lui nel 1770 (The present State of Music in France and Italy, London, 1771):
«Nardini’s tone is even and sweet; not very loud, but clear and certain; he has a great deal of expression in his slow movements […] As to execution he will satisfy and please more than surprise; in short, he seems the completest player on the violin in all Italy […] and his style is delicate, judicious, and highly finished».
[Il suono di Nardini è sostenuto e dolce; non molto potente, ma chiaro e sicuro; egli possiede una grande capacità di espressione nei suoi movimenti lenti […] Per quanto concerne l’esecuzione egli soddisferà e piacerà piuttosto che sorprendere; in breve, sembra essere il più completo violinista di tutta l’Italia […] ed il suo stile è delicato, giudizioso, ed altamente raffinato].
Questo scritto, insieme ad altre concordanti ed ugualmente valide testimonianze dell’epoca (fra le quali ricordiamo quelle di L. Mozart, Gyrowetz e Schubart, tutte citate alla voce Nardini Pietro del New Grove Dictionary), ci rende l’immagine di un Nardini eccellente esecutore, caratterizzato soprattutto dalla purezza dell’emissione sonora e da una grande cantabilità, ma anche da eleganza e controllo tecnico nei passaggi più virtuosistici. L’aspetto del Nardini musicista elegante e tenero, piuttosto che sorprendente ed impulsivo, ci appare di rilievo (come ci sembra importante che tali qualità lo facessero ritenere «il più completo violinista di tutta l’Italia»), e ciò si mostrerebbe in sintonia con il racconto - se a tale racconto dobbiamo tener fede - che si è tramandato relativamente all’ultima visita che Nardini avrebbe reso al suo vecchio maestro, Giuseppe Tartini. Secondo tale tradizione, non appena il livornese venne a sapere che il proprio maestro si trovava gravemente ammalato (1769), decise di recarsi immediatamente a Padova allo scopo di assisterlo in tutte le sue necessità e di alleviare il suo stato, rimanendo con lui fino alla fine (Tartini morì per l’effetto di una cancrena sviluppatasi al piede sinistro il 26 febbraio 1770). Da ciò si evince quanto fondamentali fossero stati i sei anni che Pietro Nardini trascorse - anche se molto probabilmente ad intervalli - a Padova sotto la guida del Maestro delle Nazioni, quando, nell’età compresa tra i dodici ed i diciotto anni, ebbe la ventura di studiare con il più grande e richiesto insegnante di violino del mondo.
L’influenza del maestro si fece in effetti sentire sull’allievo, come si può riscontrare dalla scrittura nardiniana, sia per quanto concerne le sonate che i concerti: in questi ultimi la suddivisione fra «soli» e «tutti» è accompagnata da un rapporto tematico di chiaro stampo tartiniano, mentre nelle sonate viene mantenuta la sequenza di movimenti cara al maestro istriano (lento-veloce-veloce). Pietro Nardini si trovò a scrivere musica in un’epoca in cui gli elementi strutturali erano ancora legati al passato, mentre gli elementi di linguaggio guardavano avanti verso la prefigurazione di un nuovo stile, che più tardi verrà definito ‘classico’. Così, in un’epoca di profonde evoluzioni, uno di quegli anelli di congiunzione che lasciano spiazzati tanto i musicologi quanto gli esecutori che gli ascoltatori - poiché difficilmente si riesce ad eseguire ed ascoltare questa musica senza giudicarla all’ombra di ‘altra’ musica, ritenuta di riferimento - Nardini, fedele ed autentico continuatore della scuola tartiniana, elaborò in modo coerente un proprio stile personale che ebbe nel genere della sonata per violino e basso uno dei suoi punti di forza, particolarmente nella profonda cantabilità del tempo lento d’apertura oltre che nell’organizzazione del materiale tematico all’interno del secondo movimento, che si avvicina alla classica forma-sonata. Nessun termine riesce a definire lo stile di cui trattiamo, né la parola ‘pre-classico’, né ‘galante’, né ‘rococò’, né altro: proprio per l’impossibilità stessa di ingabbiare in uno o pochi termini la vita di una persona, le sue radici culturali, le sue proprie conquiste, ed insieme a ciò il suo personale profilo nell’ambito estetico del periodo in cui si trovò ad operare.
Le VII Sonates pour Violon et Basse avec les Adagio Brodés e le loro edizioni
Nel panorama della produzione nardiniana, le sette sonate per violino e basso qui riproposte occupano senz’altro una posizione di prim’ordine. Esse sembrano aver visto la luce con la prima edizione de L’Art du Violon di Jean-Baptiste Cartier. Nato ad Avignone nel 1765, Cartier fu violinista di sicuro valore e di tecnica brillante (se non altro testimoniati dai brani di sua composizione), ed esercitò la professione di violinista in orchestre parigine (sul frontespizio della terza edizione de L’Art du Violon viene definito Premier Violon adjoint de l’Opera) oltre a dedicarsi all’attività didattica in forma privata. Egli concepì la monumentale Art du Violon come un grande metodo di violino diviso in tre parti: nella prima si contenevano i Principes Abregés Pour le Violon, con indicazioni basilari concernenti la tenuta, la tecnica dello strumento ed alcuni ornamenti fondamentali, anche derivati da precedenti trattati ritenuti significativi nell’ambito delle tre scuole, come quelli di Francesco Geminiani (1751), Leopold Mozart (1756) e L’Abbé le Fils (1761); nella seconda vari tipi di scale e diteggiature, arpeggi, cambiamenti di posizione e doppie corde, facili brani di carattere didattico ed indicazioni più sviluppate su altri ornamenti. La terza parte - quella per cui ancora oggi l’opera è maggiormente ricordata - è costituita da una cospicua antologia di brani violinistici provenienti dalle tre scuole europee, antologia in cui Cartier ha fatto confluire musica già nota tramite edizioni anteriori ed altra circolante unicamente in forma manoscritta; non mancarono quindi brani di notevole spessore che videro la loro prima edizione in questa raccolta, come la celebre sonata detta Trillo del diavolo di Giuseppe Tartini, o le stesse sonate che costituiscono l’oggetto della presente edizione. L’Art du Violon fu dal suo autore-curatore dedicata al Conservatorio di Parigi («Au Conservatoire de Musique | qui en’a favorablement accueilli l’hommage») che ne apprezzò le qualità intrinseche e le finalità nelle persone dei suoi professori Gaviniès, Guerillot, F. e P. Blasius, Guénin, Lahoussaye e Baillot. Lo scopo di Cartier era quello di offrire ai giovani studenti un eccezionale strumento di conoscenza della migliore letteratura violinistica circolante al momento in tutta l’Europa («On peut dire qu’il est à l’art du Violon, ce que seroit à l’art de la peinture, une galerie formée des plus beaux Tableaux des Raphaëls, des Rubens, des Poussin &c.»), convinto che «on ne peut arriver à un grand talent sur le Violon; [!] qu’en étudiant Les Ouvrages des hommes célébres qui ont su tirer de ce bel instrument toutes les richesses dont il est susceptible». Il fatto che l’antologia contenesse ben sette sonate intere di Pietro Nardini ci dona l’idea di quanto conosciuto e reputato fosse il violinista livornese a livello internazionale. La pubblicazione riscosse sicuramente grande favore e conobbe altre due ristampe in cui Cartier, visto il successo, incluse nuovi brani e l’editore - ovviamente - aumentò il prezzo.
Nessuna di queste edizioni è datata, ma possiamo circoscrivere il periodo in cui esse videro la luce tramite gli indirizzi dell’editore Decombe pubblicati in calce. Era il 5 luglio del 1795 quando Jacques-François Decombe bourgeois de Paris assunse la successione dell’editore Salomon e s’installò nei locali precedentemente occupati da quest’ultimo, in Place de l’Ecole, près le Pont-Neuf, n° 45, A l’accord parfait. Il 22 dicembre 1800 Decombe si trasferì poco lontano, in nuovi locali situati in Quai de l’Ecole n° 14 et autrement n° 10. Qui lavorò fino alla morte, sopraggiunta il 20 maggio 1806; dopo la morte l’attività editoriale fu proseguita dalla vedova Decombe (che appose in calce alle proprie edizioni la dicitura Mme Vve Decombe, éditeur, marchande de musique et d’instruments) fino al 1819. Grazie a tali informazioni possiamo far risalire le prime due edizioni de L’Art du Violon ad un periodo compreso fra il 5 luglio 1795 ed il 22 dicembre 1800 (la copia della prima edizione conservata presso la Bibliothèque Nationale di Parigi reca aggiunta a matita la data del 1796). Seguì la terza edizione, dopo la quale le sonate di Nardini conobbero, sempre ad opera di Decombe, due nuove edizioni separate, una che ne comprendeva solo sei (Six sonates à violon seul et basse, avec les adagios brodés… édition d’après les Manuscrits Originaux de l’Auteur) e l’altra di nuovo sette (VII | Sonates | pour Violon et Basse | par | P. Nardini | avec les Adagio Brodés. | Dernière Edition | d’après les Manuscrits Originaux de l’Auteur | Dédiée | A Monsieur de Marescot | général en Chef du Génie et Grand Officier de la Légion d’Honneur | A Paris chez Decombe, Luthier, Editeur, Professeur, et M.d de Musique, Quai | De l’Ecole, n.°14. près le Pont-Neuf ). La terza edizione dell’antologia di Cartier e le due successive ristampe separate dei lavori nardiniani si debbono collocare fra il 22 dicembre 1800 ed il 20 maggio 1806.
I movimenti d’apertura delle sonate, che presentano i pregevoli Adagio Brodés, sono stati stampati su tre righi, uno per il testo semplice (o “come sta”), un altro per il testo diminuito, e l’ultimo per la parte di basso. Due cose appaiono strane fin dalla prima edizione de L’Art du Violon: innanzitutto il fatto che nel primo movimento della seconda sonata la versione con diminuzioni si trovi sul primo rigo (anziché sul secondo, come in tutti gli altri casi analoghi), ed in secondo luogo - cosa di maggior rilievo - che la settima sonata è pubblicata staccata dalla altre sei, molte pagine più avanti, con il titolo di Sonate I. | de P. Nardini | Edition | de Venise | 1760; quindi, volendo dare una nuova numerazione anche a questo brano separato dagli altri sei, Cartier ha pubblicato di fatto due Sonate I di Nardini. Se per giustificare la prima stranezza è difficile ipotizzare un motivo (forse una simile diversificazione era già presente nell’originale da cui è derivata l’edizione, oppure potrebbe trattarsi di un iniziale errore dell’incisore, che avrebbe poi comunque continuato il lavoro per non essere costretto a ricominciare da capo con una nuova lastra), per la seconda si potrebbe pensare subito a quella che era l’intenzione di Cartier, e cioè di offrire a professionisti ed amatori un metodo in cui tutte le difficoltà fossero presentate in ordine progressivamente crescente: «dans un ouvrage destiné à l’enseignement, tout a dû être subordonné à l’ordre progressif des matières». Questa supposizione, che potrebbe facilmente spiegare la collocazione della settima sonata, si rivela in realtà errata qualora si esamini il livello tecnico-musicale della sonata in questione. Per quello che riguarda il primo movimento e la sua versione fiorita, risulta assai difficile, dopo le fantasmagoriche diminuzioni della sesta sonata, dire che ci troviamo di fronte ad un ulteriore innalzamento delle difficoltà tecnico-musicali. Anche tenendo conto del fatto che i movimenti ad andamento ternario sono storicamente sempre stati meno suscettibili di diminuzioni rispetto a quelli in quattro quarti, si può tranquillamente confrontare il primo tempo della terza sonata con quello della settima (ambedue segnati in tre quarti) per constatare che quest’ultimo non presenta maggiori problemi, ed anzi potrebbe senz’altro essere definito uno dei movimenti meno complicati della raccolta nardiniana. Il discorso non cambia, sostanzialmente, con i due movimenti allegri che completano l’ultima sonata, e che sono superati - in campo tecnico - da molti dei brani appartenenti alle sonate sorelle. Venuto quindi a cadere l’argomento dell’ordine progressivo della raccolta, rimane per noi un mistero la strana collocazione della settima sonata separata dalle precedenti, a meno di non supporre che il compilatore sia venuto in possesso di questa composizione successivamente alle altre e l’abbia quindi inserita più avanti. Infine, dobbiamo notare che la settima sonata è quella contenente il maggior numero di inesattezze o, comunque, di discrepanze rispetto alle fonti manoscritte.
La dichiarazione d’intenti per i criteri editoriali adottati da Cartier è assai interessante per la sua ‘modernità’: «j’ai laisse [!] subsister dans quelques pièces anciennes, l’emploi qu’on faisoit alors des Signes accidentels et de quelques tournures harmoniques inusitées… Tout a été sacré pour moi, jusq’aux incorrections de langage»; in una nota Cartier aggiunge di essersi attenuto a questo principio «Surtout dans la première et deuxième partie de cet Ouvrage». La precisazione in nota non è affatto priva d’importanza, poiché nei fatti è stato constatato che interventi sul testo musicale da parte del revisore vi furono, e talvolta anche piuttosto consistenti. A parte i consueti ‘ammodernamenti’ di scrittura che in tutte le epoche si sono praticati nel trascrivere la musica del passato, sicuramente Cartier dovrà avere provato un certo imbarazzo nel decifrare alcuni stilemi diminutivi presenti negli adagi fioriti delle sette sonate nardiniane, e ciò sembra chiaro quando si confrontino le sue trascrizioni con i manoscritti di Seitenstetten, anch’essi riportanti le medesime versioni fiorite. In questo caso ci sembra che Cartier abbia inteso ‘normalizzare’ la scrittura musicale delle diminuzioni all’italiana, con una notazione squadrata e razionale, modificando i ritmi e la posizione delle note rispetto al testo dei manoscritti austriaci, nei quali i ritmi delle diminuzioni vengono resi in modo più fluido, coerentemente con la vera tradizione tartiniana e soprattutto con quanto testimoniato dalle numerosissime fonti di Berkeley. Per rendersi conto degli arbitri operati da Cartier si confronti ad esempio la sua versione della sonata op. V n. 6 di J.M. Leclair (conosciuta posteriormente come Tombeau, e con questo titolo ristampata ne L’Art du Violon) con l’edizione originale del 1734: non soltanto il revisore vi ha aggiunto indicazioni per l’archeggiatura, ma ha aggiustato le legature originali dell’autore, fornendo così all’esecutore una versione già ‘interpretata’, secondo i princìpi della moderna editoria musicale di tipo didattico, inserendo di propria iniziativa anche alcune dinamiche non presenti nelle lastre originali, nonostante queste fossero state incise dalla moglie stessa di Leclair. Se Cartier si permise ciò nei confronti di una composizione francese, già pubblicata a Parigi in una veste di grande leggibilità e chiarezza, è più che lecito supporre che nella trascrizione da antichi manoscritti italiani egli si permettesse ben altre licenze.
Riguardo alla citazione dell’autore delle musiche e delle fonti utilizzate per approntare la propria edizione, così dichiara il nostro revisore: «Toutes les fois que j’en ai eu la facilité j’ai mis à la tête de chaque morceau le nom de l’auteur, le lieu de l’edition et l’epoque de l’impression». La cosa misteriosa, nei riguardi delle sonate da noi prese in considerazione, è che l’«Edition de Venise 1760», fonte da Cartier menzionata in testa alle sonate di Nardini, non è mai stata rintracciata. Che effettivamente una tale edizione sia mai esistita, oggi non siamo ancora in grado di accertarlo; quello che invece risulta chiaro è che esistette una fonte da cui derivarono anche gli altri testimoni manoscritti che ci sono pervenuti. Se si trattasse di una copia calligrafica, di un manoscritto con frontespizio a stampa, di una preparazione per un’eventuale edizione veneziana che non vide mai la luce, non è dato, al momento, saperlo. La questione diventa ancora più intrigante con le ultime due edizioni pubblicate da Decombe, quella recante solo sei sonate, e la Dernière Edition, che si dichiarano essere state approntate «avec les Adagio Brodés … d’après les Manuscrits Originaux de l’Auteur». Eppure le diminuzioni di Nardini (questi Adagio Brodés) erano state già presentate fin dalla prima edizione de L’Art du Violon, e i manoscritti dell’autore (i quali, ovviamente, risultano oggi irreperibili) mai erano stati tirati in ballo, differentemente dalla fantomatica «Edition de Venise 1760». Complessivamente, l’atteggiamento di Cartier e del suo editore appare quindi ambiguo e non totalmente affidabile. Da numerosi particolari si desume inoltre che il revisore ritornò sul primitivo lavoro, convincendo l’editore Decombe a far apportare delle modifiche dall’incisore M.lle Potel. Queste differenze, riscontrabili fra le varie edizioni de L’Art du Violon, riguardano in massima parte segni di legature ed ornamenti - mancanti nella prima incisione - che sono stati aggiunti, oppure cambiamenti nella notazione degli accidenti (con aggiornamento dei criteri rispetto agli usi antiquati del XVIII secolo), ma in qualche caso alcune note ed alcuni valori ritmici sono stati corretti poiché errati nella primitiva versione. In tale occasione si è migliorata la spaziatura delle note in qualche movimento lento con diminuzioni, per offrire una maggiore facilità di lettura delle diminuzioni stesse rispetto al testo originale della melodia. Ovviamente, mano a mano che l’antologia diventava più corposa, vennero anche cambiati i numeri di pagina relativi ai medesimi brani a causa dell’inserimento di nuovi, così come il numero progressivo relativo ad ogni movimento; tutte queste correzioni vennero eseguite da M.lle Potel sulle lastre originali, senza quindi ricorrere all’incisione di nuove lastre (in diversi casi si può infatti notare una leggera sovrapposizione in corrispondenza delle correzioni apportate nelle edizioni più tarde), ed anche in occasione delle due ultime e separate ristampe vennero utilizzate sempre le stesse lastre, anche se abbiamo potuto notare che in qualche caso furono operate correzioni di note. Il motivo per cui abbiamo deciso di riprodurre la Dernière Edition è dunque legato alla scelta del testo inciso con maggior accuratezza ed in modo più leggibile sulla revisione di Cartier (fermi restando i suoi interventi sul testo originale, resi espliciti anche dal confronto con le varie fonti manoscritte: al riguardo si vedano le note critiche), ma, non ultimo, anche per il bel frontespizio recante un’immagine di Nardini con lo sfondo della città di Firenze.
Le fonti manoscritte delle sette sonate
Purtroppo i manoscritti autografi di queste sette sonate sono andati perduti ma, poiché disponiamo di numerose altre fonti manoscritte, si è pensato di fare cosa utile nel presentare - qui per la prima volta - la riproduzione di alcune di esse: per la precisione, tutte quelle contenenti le versioni diminuite (brodés nel linguaggio di Cartier). I manoscritti di Seitenstetten, Vienna e Venezia consentiranno all’interprete di gettare una luce viva su alcuni aspetti dell’esecuzione pratica di questa musica così come poteva avvenire sul finire del XVIII secolo. Questi manoscritti costituiscono le uniche altre fonti per quanto concerne le diminuzioni di Nardini nei movimenti introduttivi, e in molti casi danno l’impressione di essere più vicini alla versione originale del compositore di quanto non sia la stampa francese. Spesso ricchi di dinamiche (come nel caso della settima sonata) e di numerosi trilli, essi non risultano certo esenti da errori di copiatura, ma un confronto con l’edizione a stampa potrà fornire un’idea sufficientemente chiara all’interprete avvertito.
I due manoscritti conservati nel monastero di Seitenstetten (Austria) sembrano essere stati copiati da una fonte oggi perduta, e presentano (specialmente V 535) errori e dimenticanze, ma in alcuni punti la loro lezione appare più convincente di quella offerta da Cartier. E’ impossibile risalire al copista e definire anche solamente se i manoscritti furono compilati nel convento austriaco. Tuttavia la loro grafia, molto regolare ma di piccolo modulo, si può riscontrare in altri manoscritti dello stesso fondo, risalenti al periodo compreso all’incirca fra il 1780 ed il 1810. Accadeva sovente che dei manoscritti originali venissero presi a prestito da un altro monastero o da qualche archivio, venissero copiati e poi restituiti. Fra i padri ospitati nel monastero di Seitenstetten vi furono anche ottimi musicisti, come P. Gregor Hauer (nato nel 1753), direttore del coro conventuale fino al 1785 e virtuoso di violoncello, per il cui uso furono probabilmente copiate varie composizioni italiane, fra le quali varie sonate di Boccherini.
A proposito della provenienza del manoscritto di Vienna nulla ci è noto, eccetto che si tratta di un manoscritto di un copista di professione, viennese, dell’inizio del XIX secolo. Tale manoscritto risultava già inventariato presso la Gesellschaft der Musikfreunde prima del 1826.
Il manoscritto conservato a Venezia contiene 32 sonate di vari autori, ed è pervenuto alla Biblioteca Marciana nel 1928 dalla famiglia Canal tramite l’editore Nicola Zingarelli. Tale manoscritto doveva appartenere al fondo musicale di Pietro Canal (Venezia, 13.4.1807 – Crespano Veneto, 15.10.1883), sacerdote, filologo, filosofo, storico, letterato e musicologo, autore di saggi musicali specialmente nell’ultima fase della vita, in particolare, su Monteverdi e B. Marcello. Nella sua biblioteca di Crespano Veneto raccolse numerosi manoscritti ed edizioni musicali; dopo la sua morte confluì in essa anche la raccolta musicale del fratello mons. Lorenzo. La biblioteca fu venduta dopo la prima guerra mondiale e la sezione musicale fu acquisita dalla Biblioteca Marciana di Venezia. I brani di Nardini che figurano nella fonte in questione furono copiati ad opera di un professionista, dotato sicuramente di un’ottima mano, dell’inizio dell’Ottocento.
Di tutti i testimoni manoscritti (anche quelli che non riportano le versioni diminuite, e che qui non vengono riprodotti) si dà l’elenco di seguito, con un commento relativo ai principali punti di divergenza nei confronti dell’edizione curata da Cartier. Con la comparazione fra la stampa francese ed i manoscritti si noterà il differente uso dei simboli per la resa dei trilli: t o tr nei manoscritti, /\/\/ (conforme all’uso francese) impiegato invece da Cartier più frequentemente del segno tr, che pure si trova utilizzato nelle varie edizioni Decombe. Segno questo che le fonti manoscritte si mantengono più vicine alla tradizione italiana di quanto non facciano le stampe transalpine. E’ d’altra parte difficile ipotizzare che Cartier abbia voluto indicare - con l’utilizzo di due differenti simboli - due diversi tipi di trillo (più o meno lungo, oppure con o senza risoluzione…): si consideri, ad esempio, nel primo movimento della settima sonata, la differente notazione dello stesso ornamento sul Sol del violino a battuta 26, nel testo semplice (primo rigo) ed in quello diminuito (secondo rigo).
Si fornisce qui di seguito l’elenco completo di tutte le fonti manoscritte attualmente conosciute, relative alle sette sonate pubblicate da Decombe:
Sonata n. 1
1. Berkeley (USA), University of California, Music Library, It. Mus. 307
2. Wien (A), Österreichische National Bibliothek, Musiksammlung ……n.4
3. Venezia (I), Biblioteca Nazionale Marciana, 11652 n.3
4. Bergamo (I), Civico Istituto Musicale “Gaetano Donizetti”, Antologia 17291, n.4
5. Seitenstetten (A), Benediktinerstift, V535, n.5 (Adagio con diminuzioni)
6. Paris (F), Bibliothèque Nationale, D11041, n.4
7. Napoli (I), Conservatorio di Musica “S.Pietro a Majella”, 6246, n.4
8. Genova (I), Conservatorio di Musica “Nicolò Paganini”, ……n.4
Sonata n. 2
1. Berkeley (USA), University of California, Music Library, It. Mus. 1020, n.2
2. Berkeley (USA), University of California, Music Library, It. Mus. 298, n.2
3. Berkeley (USA), University of California, Music Library, It. Mus. 302, n.2
4. Bruxelles (B), Conservatoire Royal de Musique, T.26.446
5. Wien (A), Österreichische National Bibliothek, Musiksammlung ……n.2
6. Paris (F), Bibliothèque Nationale, D11041, n.2
7. Wien (A), Gesellschaft der Musikfreunde, Q.16736, n.3 (Adagio con diminuzioni)
8. Napoli (I), Conservatorio di Musica “S.Pietro a Majella”, 6246, n.2
9. Genova (I), Conservatorio di Musica “Nicolò Paganini”, ……n.2
10. Verona (I), Archivio di Stato, Malaspina 45
Sonata n. 3
1. Seitenstetten (A), Benediktinerstift, V502
2. Berkeley (USA), University of California, Music Library, It. Mus. 308
3. Wien (A), Österreichische National Bibliothek, Musiksammlung ……n.6
4. Paris (F), Bibliothèque Nationale, D11041, n.6
5. Genova (I), Conservatorio di Musica “Nicolò Paganini”, ……n.6
6. Roma (I), Conservatorio di Musica “S.Cecilia”, Accademico, n.27
Sonata n. 4
1. Berlin (D), Staastbibliothek Preussischer Kulturbesitz, 15860, n.1
Sonata n. 5
1. Bruxelles (B), Conservatoire Royal de Musique, T.12275
Sonata n. 7
1. Venezia (I), Biblioteca Nazionale Marciana, 11652 n.2 (Adagio semplice e con diminuzioni)
2. Seitenstetten (A), Benediktinerstift, V536, n.8 (Adagio con diminuzioni)
3. Padova (I), Conservatorio di Musica “Cesare Pollini”, Sorgato II-50
Scopo e criteri della presente edizione
Con la presente edizione si è inteso fornire agli interpreti di oggi uno strumento storicamente interessante ma al tempo stesso pratico, chiaro e funzionale, e per questo motivo abbiamo prescelto la Dernière Edition di Cartier-Decombe. Considerato che uno dei principali motivi per cui queste sonate di Nardini non vengono oggigiorno eseguite è la mancanza di un’edizione concepita per l’uso pratico in tempi moderni, e che le esistenti edizioni in fac-simile non permettono al violinista di voltare le pagine della ingombrante partitura, è parso opportuno estrarre le parti staccate del violino e del basso, che consentiranno una comoda esecuzione sia al solista che all’eventuale violoncellista. Tali parti staccate riproducono fedelmente il testo originale così come stampato nella partitura, che è stata unicamente ripulita da eventuali impurità allo scopo di consentirne una migliore leggibilità. L’unico inserimento che è stato operato (e, di nuovo, per facilitare l’esecuzione pratica della musica) riguarda i numeri di battuta (alla sinistra del rigo di violino) ed i numeri di pagina (in basso, al centro della pagina), notati comunque in caratteri moderni. I numeri di pagina originali sono visibili in alto, lateralmente.
L’esemplare dell’edizione a stampa da noi utilizzato (e riprodotto a grandezza reale) è quello custodito presso la Biblioteca del Conservatorio di Musica “Giuseppe Verdi” di Milano (Fondo G. Benvenuti, Ris. Mus. e.139/13). Si ringrazia la dott.ssa Agostina Zecca Laterza per la cortese autorizzazione alla riproduzione del volume.
Note critiche
Si è ritenuto utile riportare qui quelle che sono sembrate le principali ed essenziali divergenze testuali fra la Dernière Edition dell’editore Decombe e le varie fonti manoscritte, nonché – in qualche caso – fra le varie edizioni dello stampatore parigino. Ulteriori differenze nelle lezioni (dinamiche, ornamenti, legature ecc…) potranno essere riscontrate direttamente dalla collazione con i manoscritti qui pubblicati. Non sono stati citati gli errori più ovvi e quindi di più facile identificazione e correzione.
Sonata n. 1
I movimento:
- Batt. 5 parte di basso: nella fonte ms. di Seitenstetten l’ultima nota è un Fa della durata di un quarto all’ottava bassa, quindi senza pausa finale.
- Batt. 6 parte di violino con diminuzioni: nella fonte ms. di Seitenstetten nel principio del terzo quarto (mordente sul Sol) il Sol diventa un La bemolle e tutto l’ornamento è quindi spostato in alto di un grado. Tale versione sembra più rispondente alla tradizione della scuola tartiniana, ed in questo caso Cartier sembra essere intervenuto nel trascrivere il testo.
II movimento:
- Batt. 58-59 parte di violino: in quasi tutte le fonti mss. la penultima nota di 58 è La anziché Si bemolle. Batt. 59: in tutte le fonti mss. la seconda nota è Sol anziché Fa.
Sonata n. 2
I movimento:
- Batt. 3 parte di b.c. ultima nota: la fonte ms. di Vienna è l’unica fonte a riportare un Mi anziché un Re.
II movimento: All.o moderato nella fonte ms. di Vienna.
- Batt. 10 e 12 parte di b.c.: nella fonte ms. di Vienna ritmo sincopato sul primo quarto.
- Batt. 57 parte di violino: il manoscritto di Vienna è l’unica fonte che alla quarta e settima nota riporti La anziché Sol.
III movimento:
- Batt. 23 e 25: sono visibili le correzioni apportate rispetto alla prima versione incisa: nel rigo del violino, sul secondo quarto, sono stati cancellati rispettivamente Re e Mi, ed introdotti Si e Do diesis alla seconda voce.
- Batt. 65 e 67 parte di violino: la doppia appoggiatura in battere sembra essere una aggiunta di Cartier, poiché essa non si riscontra in nessuna delle fonti ms. (tutte riportano la stessa lezione della fonte ms. di Vienna).
- Batt. 89 e 91 parte di violino: di tutte le fonti ms. solamente Berkeley It. Mus. 298, n.2 riporta la doppia appoggiatura con Re alla seconda voce entrambe le volte.
Sonata n. 3
II movimento:
- Batt. 9 parte di violino: il diesis che è mancante sul La puntato acuto è invece presente in tutte le fonti mss.
- Batt. 13 parte di violino: manca una pausa di ottavo dopo la terza nota (presente in tutte le fonti ms.). Il resto della battuta è da leggersi come nel passaggio analogo a batt. 43.
- Batt. 49 parte di violino: in tutte le fonti ms. la prima nota è un Sol acuto anziché Mi.
III movimento:
- Batt. 80 parte di violino: in tutte le fonti ms. la prima nota (sedicesimo) è un bicordo Sol diesis-Mi.
Sonata n. 4
II movimento:
- Batt. 5 parte di b.c.: nella fonte ms. di Berlino l’ultima nota è un Re naturale.
- Batt. 23 parte di violino: nella fonte ms. di Berlino la prima nota (nota finale della prima parte) è un quarto col punto, esattamente come alla fine della seconda parte.
- Batt. 54 parte di violino: nella fonte ms. di Berlino nel sesto gruppo di terzine le note sono Fa diesis, Mi e Re anziché Sol diesis, Fa diesis e Mi (cioè esattamente un grado al di sotto).
III movimento:
- Batt. 8 parte di violino: nella fonte ms. di Berlino l’appoggiatura è ascendente (La al posto di Do).
- Batt. 33 parte di violino: nella fonte ms. di Berlino il secondo quarto è composto da due sedicesimi (Mi diesis e Fa diesis) e da un ottavo trillato (Fa diesis); parte di basso: nel secondo quarto le due note (Do diesis e Re) sono due ottavi.
- Batt. 80 parte di violino: nella fonte ms. di Berlino la prima nota è un bicordo Fa diesis-La (una terza sotto rispetto all’edizione di Cartier).
Sonata n. 5
I movimento:
- Batt. 14 parte di violino non dimiuita: nella fonte ms. di Bruxelles l’appoggiatura sul terzo quarto è ascendente, con un Si naturale al posto del Re dell’edizione a stampa (l’errore di nota spiega la presenza del bequadro – altrimenti inutile – sul Re nella versione di Cartier. Nell’esecuzione delle diminuzioni entrambe le opzioni sembrano possibili.
- Batt. 15-16 parte di b.c.: nella fonte ms. di Bruxelles figurano gli stessi valori ritmici, ma altre note. A batt. 15 le ultime due note sono due Fa all’ottava bassa, quindi a batt. 16 le prime note sono quattro Do (secondo spazio) ribattuti.
- Batt. 17 parte di b.c.: nella fonte ms. di Bruxelles i due Si bemolli del secondo quarto figurano un’ottava sopra.
II movimento:
- Batt. 11 e 14 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles entrambe le appoggiature di queste battute sono ascendenti anziché discendenti, quindi nel primo caso si tratta di un Mi e nel secondo di un Re.
- Batt. 19 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles tutti i Si della battuta sono bequadro.
- Batt. 20 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles l’ottava nota è un Mi naturale.
- Batt. 25 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles il Si è bequadro.
- Batt. 38 parte di violino: errore nella trascrizione di Cartier: come si evince dalla fonte ms. di Bruxelles e dall’analogia con i passaggi immediatamente precedenti, dopo il bicordo La-Do deve essere inserito un Fa del valore di un ottavo, mentre deve essere cancellato il punto sull’ultimo bicordo.
- Batt. 44 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles la prima nota è un La.
- Batt. 45 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles il terzo quarto riporta lo stesso ritmo di batt. 47.
- Batt. 58-59-60 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles tutti i Do sono trillati.
III movimento:
- Batt. 15 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles il Si è bequadro.
- Batt. 59-60 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles a batt. 59 il Do diesis è inesistente ed il Fa è naturale. Anche a batt. 60 tutti i Fa del violino sono naturali.
- Batt. 74 parte di violino: nella fonte ms. di Bruxelles nel secondo e terzo accordo i Sol sono inesistenti.
Sonata n. 7
I movimento: nella fonte ms. di Venezia: Andante (nella partitura senza diminuzioni) e Un poco Andante (nella parte staccata con diminuzioni) anziché Adagio. Anche la fonte ms. di Padova porta l’indicazione Un poco Andante.
- Batt. 13 parte di violino con diminuzioni: nella fonte ms. di Venezia la quarta nota è un Do invece di Re.
- Batt. 23 parte di violino con diminuzioni: come si vedrà nelle fonti mss. di Venezia e Seitenstetten, il ritmo dell’ornamento posto sul La è differente rispetto a quello dell’edizione a stampa, ma probabilmente più corretto, secondo le consuetudini esecutive di scuola tartiniana.
- Batt. 23 parte di violino con diminuzioni: nel ms. di Venezia il La è naturale e l’ultima nota è un Sol, mentre nel ms. di Seitenstetten il primo Si è naturale.
- Batt. 41 parte di violino con diminuzioni: nel ms. di Seitenstetten la quarta nota è un Sol bemolle.
- Batt. 50 parte di violino con diminuzioni: si vedano le differenti versioni dell’ornamento riportate nei manoscritti di Venezia e Seitenstetten.
- Batt. 51 parte di violino con diminuzioni: appare più convincente la versione dei manoscritti di Venezia e Seitenstetten.
- Batt. 54-55 parte di violino: nel ms. di Seitenstetten e nella parte con diminuzioni di Venezia sono mancanti queste due battute, che però esistono sia nella partitura veneziana senza diminuzioni, che nel ms. di Padova.
II movimento:
- Batt. 6 parte di b.c.: in tutte le fonti mss. la seconda nota è un Si bemolle.
- Batt. 8 parte di b.c.: in tutte le fonti mss. la seconda nota è un Si bemolle all’ottava bassa.
- Batt. 20 parte di b.c.: in tutte le fonti mss. la seconda nota è un Do all’ottava bassa, probabilmente cambiato in Mi da Cartier per evitare le ottave nascoste con la parte di violino. Si veda però anche il passo analogo a batt. 94, nel quale Cartier non ha agito nello stesso modo, mentre la fonte di Venezia opera il cambio di ottava solo nel terzo quarto.
- Batt. 40 e 42 parte di violino: in tutte le fonti mss. le doppie appoggiature sono ascendenti anziché discendenti (bicordo Fa-La al posto di La-Do). Idem per quanto riguarda il passo parallelo alle batt. 103 e 105 con l’eccezione della fonte ms. di Venezia, in cui la seconda volta non figurano appoggiature.
- Batt. 64-65-66 parte di b.c.: tutte le fonti mss. riportano concordemente una versione con note lunghe e non ribattute come invece in Cartier-Decombe. Simile cosa alle batt. 79-80-81-82.
- Batt. 88 parte di b.c.: il Si bemolle è una nota di due quarti in tutte le fonti mss.
- Batt. 108 parte di violino: in tutte le fonti mss. l’appoggiatura è ascendente anziché discendente, dunque La al posto di Do.
III movimento:
- Batt. 9-10 parte di violino: le fonti mss. offrono in modo concorde un’altra lezione (cfr. Venezia e Seitenstetten), e qui Cartier sembra aver scambiato dei segni di trillo (che sono presenti nel ms. austriaco) con dei segni di terzine, modificando quelli che sembrano essere i ritmi originali del compositore. Effettivamente negli antichi manoscritti italiani i segni con cui si indicavano i trilli venivano spesso tracciati velocemente e potevano anche assomigliare ad un “tre” rovesciato.
- Batt. 36 parte di violino: nei mss. di Seitenstetten e Padova l’appoggiatura è chiaramente un La anziché Si bemolle come indicato nella stampa. Più ambiguo il ms. di Venezia, anche se il La appare come la soluzione musicalmente più naturale.
- Batt. 53-54-55 parte di b.c.: nella seconda edizione la prima nota è un Re con un bequadro inspiegabile, successivamente corretto in Mi nelle batt. 53-54 a partire dalla terza edizione. Il Mi al posto del Re è evidentemente la nota giusta, ma dovrebbe essere naturale (il che spiegherebbe l’inserimento del bequadro nella seconda edizione, anche se sulla nota errata). A batt. 55 le note sono state corrette in Si bemolle-Si naturale a partire dalla terza edizione.
- Batt. 66 parte di b.c.: all’inizio della seconda parte solamente nel ms. di Venezia figura un Mi bemolle di un ottavo: si tratta di un probabile errore del copista che ha frainteso il segno di pausa di ottavo.
- Batt. 82 parte di violino: nei mss. di Venezia e Padova l’appoggiatura alla voce superiore (non presente nel ms. di Seitenstetten) è ascendente anziché discendente, dunque La al posto di Do.
- Batt. 86 parte di violino: il La bequadro nel ms. di Venezia è un chiaro errore.
- Batt. 88 parte di violino: l’ultimo bicordo è Mi bemolle-Fa in tutte le fonti mss.
- Batt. 92 parte di b.c.: la prima nota è un Do (come a batt. 90) in tutte le fonti mss.
- Batt. 106 parte di violino: la quarta nota è un Sol in tutte le fonti mss.
- Batt. 126 parte di violino: la quarta nota è un Fa (anziché Re) in tutte le fonti mss., e questo è senz’altro un’errore dell’edizione di Cartier, in quanto genera delle ottave fra le parti.
- Batt. 152 parte di violino: l’appoggiatura deve evidentemente essere un Re (come a batt. 156) e non un Mi bemolle.
Enrico Gatti